Da una ricerca effettuata dalla CGIL lecchese presso la Camera di Commercio di Lecco, sui dati del 2022 , risulta una buona percentuale di lavoratori pagati con un salario inferiore ai 9 euro lordi l’ora, in particolare nel settore dell Colf e dell’assistenza (il 59,6%, molte donne e straniere) , del Turismo e Ristorazioni (camerieri e addetti alle camere, il 23,2%) , successivamente nelel costruzioni , Trasporti, Istruzione e Commercio (vedi Tabella).
“In totale – dice Francesca Seghetti della Segreteria CGIL – risultano 16.400 lavoratori sottopagati, cioè l’11% circa degli occupati.
Il loro basso stipendio (molti sono anche part time non per loro scelta, ma per imposizione) comporta inevitabilemte una bassa qualità di vita e scarse possibilità di acquisto, conducendo spesso una vita al limite della miseria, a meno che non ci siano altri redditi parentali.
“Eppure spesso lavorano in settori che negli ultimi ani si sono sviluppati: per esempio il Turismo, che nel dopo Covid ha avuto un incremento notevole. Basti pensare che rispetto al 2015 i turisti che si sono fermati a Lecco e provincia sono aumentati di quasi il 50%.
“Il problema – aggiunge Luca Picariello del Patronato Inca – è che a basse retribuzioni, a volte in mezzo ad anni di disoccupazione, corrisponde un accumulo per la pensione troppo basso a livello retributivo”.
Picariello pone il caso concreto di alcuni lavoratori, che per 20 anni hanno lavorato abbastanza costantemente, dal 2003 al 2023, con una retribuzione lorda di più di 20.000 euro (lo stipendio di un operaio per intenderci).
“In 20 anni essi hanno accumulato una pensione che varrebbe al netto circa 570 euro al mese. Poniamo pure che lavorino 40 anni in tutto, la pensione sarebbe il doppio. Il problema è che il calcolo per l’accumulo retributivo pensionistico si basa su parametri troppo bassi, giungendo in alcuni casi a pensioni letteralmente da fame (meno di 400 euro per una lavoratrice colf che abbia anche lei lavorato 20 anni con stipendi variabili tra i 17.000 e i 20.000 euro) “.
“Insomma il problema è che nel futuro avremo una classe di pensionati, e non saranno pochi, con scarsissimo potere d’acquisto, al limite della sopravvivenza, almeno se non avranno altre pensioni integrative o altri redditi. E’ un grosso problema che dobbiamo porci. I parametri di calcolo pensinistico, lo ripeto, sono davvero troppo bassi” .
Insomma, poveri oggi, ma ancora più poveri domani: è un problema che non può essere caricato solo su un welfare di uno Stato sempre più indebitato, nei prossimi anni, e sempre più scarso di fondi per l’ ammortizzazione sociale.
Enrico Baroncelli