Lo sciopero dei giornalisti del gruppo GEDI non è una protesta corporativa, ma solleva il tema fondamentale del pluralismo nel mercato delle informazioni e della cura che una proprietà deve avere delle professionalità impegnate in un gruppo editoriale ancorato da sempre ai valori di un giornalismo autonomo e corretto. I “padroni” di giornali, radio e media possono decidere di vendere le loro testate, ciò che non possono e non dovrebbero mai fare è ignorare che dietro quelle testate e dietro le parole scritte o dette vi è anche una comunità vasta di cittadini,
donne e uomini, che da quei giornali, radio, media si attendono ogni giorno un contributo di conoscenza e scavo sulle cose del mondo. Trattare questo enorme patrimonio di professionalità e umanità come una merce da piazzare sul mercato inseguendo la formula del “chi offre di più?” credo sia il modo peggiore di onorare una storia e una tradizione che al di là del legittimo guadagno dell’editore meritano prima di tutto un profondo rispetto.