L’UMILIAZIONE NON HA MAI UN VALORE EDUCATIVO
E’ qualcosa che ti fa sentire sbagliato.
Un educatore competente ti dice “Hai fatto uno sbaglio”. 

Mai e poi mai ti dirà qualcosa che ti fa sentire sbagliato. 
L’umiliazione è stata la strategia preferita della cosiddetta “pedagogia nera”.
Alice Miller ha approfondito, nei suoi magnifici libri, i danni che essa ha prodotto su intere generazioni.
Michael Haneke, nel film “Il nastro bianco” ha mostrato i danni dell’umiliazione come metodo educativo, in una storia che congela il cuore. 
L’umiliazione usata come strumento educativo costringe a vivere nella paura e rende l’apprendimento una strategia finalizzata a compiacere l’educatore. 
Genera dipendenza. Mai autonomia e crescita. 

Se “funzioni bene” a scuola, ti premio e ti stimo.
Se “funzioni male” a scuola, ti umilio e ti punisco.
Umiliare per promuovere la crescita è sempre – e ribadisco SEMPRE – controproducente. 
Ci sono parole che in educazione non dovrebbero mai essere evocate.
MAI.
Una di queste parole è umiliazione. 
L’umiliazione a volte – è vero – promuove il riscatto. Ma quasi sempre genera vendetta e dolore inutile. 
Spero, penso e presumo che citare una simile parola in un discorso che cerca di spiegare quali sono le “leve” che fanno crescere, sia stato solo un enorme e grossolano errore. Un errore che nel discorso della persona massimamente autorevole in ambito educativo, suona davvero inaccettabile. Se così fosse, occorre – con umiltà (la cui radice etimologica è identica a quella di umiliazione) – saper dire “Ho fatto uno sbaglio. Non lo farò più”. E’ così che si comprende che la persona che fa uno sbaglio in realtà non è una persona “sbagliata”.
Un’ultima riflessione: le parole sono importanti. Chi ha il privilegio di gestire una posizione autorevole deve imparare a selezionarle con una cura assoluta. Sentire la responsabilità di ciò che si dice è un dovere inevitabile e necessario di chi ha il privilegio di poter dire parole che hanno un peso.

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