• 14 May 2024
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 MELONI PRONTA A TOGLIERE FONDI A WELFARE E AMBIENTE PER INGRASSARE LE LOBBY DELLE ARMI: UN PAESE ALLA ROVESCIA

Salario minimo? No. Reddito di cittadinanza? Neppure. Aiutare i lavoratori in difficoltà? Non se ne parla. Aumentare le spese nell’industria militare? Sì, necessario, soprattutto se richiesto dagli Stati Uniti! Ecco l’agenda Meloni, l’agenda di un governo che lavora per se stesso, sordo e indifferente alle richieste e alle necessità dei cittadini di cui dovrebbe occuparsi. E i dati di un sondaggio Swg certificano l’insoddisfazione della collettività rispetto alle scelte e alle politiche dell’esecutivo.

La maggioranza degli italiani, infatti, stronca l’aumento delle spese militari già annunciato dal governo Meloni. A dirlo è un sondaggio realizzato per Greenpeace Italia, secondo cui i contrari sono ben più del doppio rispetto ai favorevoli, nonostante due giorni fa, il ministro della Difesa, Guido Crosetto, abbia sottolineato in Parlamento la necessità di far salire gli investimenti nell’industria bellica al 2 per cento del Pil, come richiesto dagli Stati Uniti: “Oggi siamo all’1,4 per cento, quindi molto più bassi di quanto definito dalla Nato”, ha lamentato il ministro.

Peccato che garantire più fondi al comparto militare – il Piano implica una crescita di oltre 10 miliardi all’anno – comporti togliere risorse ad altri settori della spesa pubblica. Ed è questo a preoccupare gli italiani. La ricerca di Swg restituisce dati netti. A ogni intervistato, l’Istituto ha chiesto di definirsi “favorevole o contrario” alla proposta “di portare le spese militari al 2 per cento del Pil entro il 2028, con un aumento di spesa di circa 12 miliardi in 6 anni”. Il 55 per cento si ritiene “contrario”, il 23 per cento “favorevole” e un altro 22 preferisce non rispondere. Una netta contrarietà, quindi, a costo di non rispettare l’accordo con la Nato (per la verità, al momento disatteso dalla maggior parte degli Stati membri).

Ma c’è di più. L’invio di armi in Ucraina sta già svuotando gli arsenali italiani, motivo per cui l’industria bellica deve aumentare la produzione per compensare il materiale spedito a Kiev. La crescita diventerebbe poi esponenziale in caso di raggiungimento di quel 2 per cento del Pil richiamato da Crosetto. In un periodo di crisi economica, un’idea sarebbe allora quella di aumentare le imposte sul settore ed è quanto Swg sottopone agli intervistati: “A causa dell’attuale conflitto tra Russia e Ucraina – si legge nel testo della domanda – le aziende nel settore della difesa stanno realizzando degli extra-profitti. Lei è favorevole o contrario alla proposta di tassare gli extra-profitti di queste aziende?”. Il 69 per cento, quindi più di 2 italiani su 3, si dice favorevole. Soltanto il 12 è contrario, con un 19 per cento di “non so”.

A interpretare questi numeri è Simona Abbate, campaigner Energia e Clima di Greenpeace Italia: “I dati sono schiaccianti – dice al Fatto – e dimostrano che l’esecutivo va nella direzione opposta rispetto a quella auspicata dalla maggioranza degli italiani”. Il tema non è solo militare: “Sappiamo che la coperta è corta. Aumentare la spesa in questo settore significa ridurre gli investimenti nel Welfare o nella transizione ecologica. Il tutto in un periodo di enorme difficoltà economica”. […]
Se ripudiamo la guerra, come sancisce la Costituzione, lasciamo perdere la corsa al riarmo”. 

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