Siamo chiamati alla compassione. La compassione, questo sentimento universale che è al cuore di spiritualità anche molto diverse fra loro — da quella cristiana a quella buddhista — , non è mai riservata ai soli membri della stessa comunità, della stessa famiglia, ma è indirizzata a tutti perché è un sentimento naturale degli umani. Nasce dalle profondità delle viscere materne, secondo la Bibbia, e dice la propria vulnerabilità, come capacità di essere toccati dalla sofferenza altrui. Dostoevskij ha definito la virtù della compassione la più importante delle virtù e l’unica legge di vita dell’intera umanità.
Solo la compassione fa progredire l’umanità. Ma c’è da temere che in questo avanzare della barbarie, diventino un sottofondo a tante dichiarazioni di questi giorni le affermazioni di Nietzsche in Così parlò Zarathustra: “Io non amo i compassionevoli … Quelli che creano devono essere duri. Sia lodato ciò che rende duri!”. Se si instaurasse culturalmente un simile modo di pensare la società e se si assumesse questa postura di fronte alla sofferenza sarebbe davvero non solo la morte della pietà, ma la morte dell’umano. Ciò che fa l’umanità è la passione condivisa, un patire in comune, insieme, per poter vivere insieme. (Enzo Bianchi)