La manovra finanziaria che si prospetta per il 2024 vale 28 miliardi, con impatto sull’indebitamento netto di 15,7 mld (lo 0,7% del PIL). La principale misura, il taglio al cuneo contributivo, è finanziata solo per il 2024. Il calo del debito nei prossimi anni sarà più modesto di quanto previsto sei mesi fa, soprattutto a causa degli effetti dei crediti d’imposta legati al “Superbonus”.

La Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza approvata dal Governo lo scorso 27 settembre prospetta le seguenti novità per lo scenario di finanza pubblica:

non sono state riviste al ribasso le ipotesi sulla crescita del PIL, a 0,8% da 1% di aprile sul 2023 e a 1% (nel quadro tendenziale) da 1,5% precedente sul 2024; la crescita è poi vista all’1,4% nel 2025 e all’1% nel 2026;
il deficit tendenziale 2023 è stato rivisto a 5,2% da un precedente 4,5% per effetto dell’adesione maggiore del previsto al Superbonus, il cui impatto è stato rivisto al rialzo di +1,1%, dallo 0,7% all’1,8% del PIL; pertanto, al netto della revisione degli effetti del Superbonus, il deficit 2023 sarebbe stato pari a 4,1% ovvero migliore del 4,5% previsto ad aprile; ciò è dovuto sia ai risparmi sulle misure contro il caro-energia, sia ai ritardi nell’attuazione degli investimenti finanziati dal PNRR;

il deficit tendenziale 2024 è rivisto a sorpresa al ribasso a 3,6% dal 3,7% atteso sei mesi fa, nonostante mezzo punto in meno di crescita del PIL e una spesa per interessi più alta (78,4 miliardi dai 75,6 stimati ad aprile, oltre un decimo di PIL in più); ciò è dovuto alla scelta del Governo di riclassificare i crediti d’imposta legati al Superbonus a partire dal 2024 (da “pagabili” a “non pagabili”), il che ha migliorato il deficit tendenziale di tre decimi nel 2024 e di due decimi nel 2025 (in altri termini, al netto di tale effetto il deficit tendenziale 2024 sarebbe stato pari a 3,9% rispetto al 3,7% atteso ad aprile);

il nuovo quadro programmatico vede un disavanzo al 5,3% nel 2023, al 4,3% nel 2024, al 3,6% nel 2025 e al 2,9% nel 2026;
la differenza tra deficit tendenziale e programmatico implica una manovra espansiva netta da un decimo di PIL quest’anno (che consiste nel “decreto anticipi” da 3,2 miliardi per l’anticipazione del conguaglio per il calcolo della perequazione delle pensioni e per il versamento dell’indennità di vacanza contrattuale per il 2023 per i dipendenti statali) e che vale ben lo 0,7% del PIL (15,7 miliardi) l’anno prossimo (e poi circa due decimi di PIL ovvero quasi 4 miliardi nel 2025; la prima stretta – da 4,6 mld, ovvero lo 0,2% del PIL – è prevista per il 2026);

per effetto della manovra, la crescita del PIL l’anno prossimo è attesa nel quadro programmatico all’1,2% contro l’1% del quadro a legislazione vigente (in altri termini, il budget 2024 è atteso avere un effetto espansivo di due decimi);
i numeri sul rapporto debito/PIL sono rivisti al ribasso rispetto al DEF per effetto della revisione al rialzo delle stime sul PIL nominale comunicata in precedenza dall’Istat, ma il calo del debito nel 2024 nello scenario programmatico del Governo rispetto al 2023 sarà di appena un decimo (al 140,1% del PIL);
anche la discesa del debito prevista per gli anni prossimi è limitata (obiettivo: 139,6% nel 2026, ovvero solo sei decimi in meno rispetto al 2023), e poggia su un obiettivo di privatizzazioni per l’1% del PIL (ovvero, al netto delle privatizzazioni il debito salirebbe di quattro decimi nel prossimo triennio).

Nell’ambito del quadro programmatico disegnato dalla NADEF, il Governo ha poi approvato, lo scorso 16 ottobre, il Documento Programmatico di Bilancio, dal quale è emerso che:

la manovra 2024 vale, in termini lordi, 28 miliardi;
l’impatto sulla crescita del PIL dei fondi NGEU è stimato, sulla base del Programma Nazionale di Riforma 2023 (che incorpora solo parzialmente i ritardi di implementazione), a 0,9% nel 2024, 1,1% nel 2025 e 0,5% nel 2026 (in altri termini, nel biennio 2024-25, oltre i tre quarti della crescita del PIL sono dovuti agli effetti del PNRR);
al netto degli effetti della manovra di bilancio e dei fondi NGEU, la crescita del PIL è solo marginalmente positiva (0,1-0,2%) nel biennio 2024-25;
il Governo fornisce una quantificazione dello stock di garanzie statali esistenti al 30 giugno 2023, che valgono il 14,9% del PIL, ovvero circa 350 miliardi di euro (la parte del leone è svolta dalle garanzie fornite per fronteggiare la pandemia Covid-19); peraltro, non vengono forniti dettagli in merito alle assunzioni governative sulle garanzie che saranno escusse nei prossimi anni ovvero sull’impatto sul debito incluso nei tendenziali di finanza pubblica;

in merito ai proventi da privatizzazioni, che nella NADEF il Governo aveva quantificato in un punto di PIL (ovvero circa 22 miliardi) sull’orizzonte 2024-26, il Documento Programmatico di Bilancio (DPB) precisa che gli incassi per il 2024 sono stimati in appena un decimo di PIL, ovvero circa 2 miliardi;
il taglio al cuneo contributivo, che costituisce la principale misura espansiva (10,5 mld, considerando anche la proroga della tassazione agevolata dei premi di produttività e dei fringe benefits), è rifinanziato solo per il 2024.

Nel complesso, la manovra per il 2024 si configura nella forma seguente:

gli interventi valgono oltre 27 miliardi (al netto degli effetti retroattivi delle singole misure):
rifinanziamento del taglio al cuneo contributivo (quasi 10 mld);
accorpamento delle prime due aliquote Irpef (oltre 4 mld);
rinnovo dei contratti del pubblico impiego, che vale 2,5 miliardi netti (considerando sia il 2024 che gli anticipi al 2023);
interventi per le imprese (impatto sull’indebitamento netto 2024: 2,3 mld), tra i quali incentivi per nuove assunzioni e per l’acquisizione di beni strumentali destinati a strutture produttive ubicate nel Mezzogiorno;
misure in favore delle famiglie numerose e di sostegno alla natalità (oltre 1 miliardo in media nel triennio 2024-26);
nuove risorse per le infrastrutture (quasi 1 miliardo nel 2024);
incremento del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale;
rifinanziamento delle spese indifferibili, tra cui l’operazione “strade sicure”, gli aiuti all’Ucraina e le missioni internazionali;

le coperture ammontano a 11,4 miliardi (sempre in termini “netti”), tra le quali:
riduzioni di spesa per oltre 2 miliardi nel 2024 (che salgono a quasi 4 mld l’anno successivo e a quasi 11 mld nel 2026); il Ministro dell’Economia ha parlato di tagli “lineari” del 5% per i ministeri;
in tema di pensioni: rimodulazione dei meccanismi di flessibilità in uscita, che dovrebbero generare minori spese (e/o maggiori entrate) per 1,2 mld nel 2024;
aumenti delle accise sui tabacchi;
un tetto alle detrazioni che “sterilizzerà” il taglio della seconda aliquota Irpef per i redditi oltre ai 50 mila euro annui.

In sintesi, il nuovo quadro di finanza pubblica si caratterizza per le seguenti criticità:

le stime di crescita del PIL per il 2024-26 appaiono ottimistiche (per il 2024: 1,2% contro il nostro 1%, soggetto a nostro avviso a rischi al ribasso, lo 0,8% della Commissione UE e lo 0,7% di consenso); l’impatto stimato della manovra sul PIL 2024 a prima vista può apparire modesto (il moltiplicatore è di appena 0,3), ma a nostro avviso è anzi soggetto a rischi al ribasso, perché in gran parte la Legge di Bilancio dovrebbe consistere nel rinnovo di misure già esistenti; il Governo punta a una vistosa accelerazione nei flussi di spesa effettiva finanziati dal PNRR a partire dal 2024, visto che i tre quarti della crescita attesa del PIL nel 2024-25 derivano dall’impatto dei fondi NGEU: nel caso in cui, come ammesso dallo stesso esecutivo, anche l’anno prossimo la spesa effettiva risultasse inferiore alle attese, ne deriverebbero rischi al ribasso sulla crescita del PIL, e al rialzo su deficit e debito;

il target sui proventi da privatizzazioni pari all’1% del PIL nel triennio 2024-26 appare ambizioso, visto che analoghi obiettivi in passato si sono dimostrati assai difficili da realizzare (al momento, l’intero insieme delle partecipazioni dirette del MEF vale poco oltre 25 miliardi, ovvero non molto più dell’1% del PIL);
gli obiettivi sui tagli di spesa appaiono sfidanti, visto che al momento non risulta sia stato avviato un processo strutturale di “spending review” (e la logica dei “tagli lineari” non si è dimostrata particolarmente efficace in passato);
il Governo asserisce che il nuovo quadro programmatico di finanza pubblica è in linea “con quello che si ritiene sarà il futuro assetto delle regole di bilancio dell’Unione Europea”; tuttavia, il limite di deficit previsto dal braccio correttivo del Patto di Stabilità è superato anche nel 2024-25, e dunque non si può escludere che nella primavera 2024 possa essere aperta una procedura per deficit eccessivo (peraltro, l’Italia sarebbe in buona compagnia, visto che il deficit 2024 si collocherebbe sopra il 3% anche in Francia, Belgio, Finlandia, Malta, Slovacchia e Slovenia);

solo per mantenere le “politiche invariate” ovvero rifinanziare i tagli fiscali coperti solo per il 2024, serviranno nel 2025 oltre 10 miliardi, sebbene il Governo nel DPB non indichi misure una tantum tra quelle che compongono la manovra (e dunque assume che tutti gli interventi siano di carattere strutturale);
il Governo non ha fornito dettagli circa le proprie assunzioni in merito alle principali fonti di incertezza sull’evoluzione di deficit e debito nei prossimi anni ovvero stime sulla ripartizione temporale della spesa effettiva finanziata dai fondi NGEU almeno per il 2023-24, sull’adesione da parte dei contribuenti ai bonus edilizi nei prossimi anni e sull’escussione delle garanzie che ci si attende, con relativo impatto sul debito; non ha fornito inoltre maggiori dettagli su come l’esecutivo intenda perseguire i suoi obiettivi in tema di proventi da privatizzazioni.

CRISTINA GUAGLIANONE
Senior Advisory Consultant · Intesa Sanpaolo

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