• 18 April 2024
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Pierfrancesco Maran  rompe gli indugi e si candida alla presidenza della Regione, pronto a correre alle primarie; Pierfrancesco Majorino è spinto a sua volta a candidarsi, non sembra molto propenso a fare le primarie e però – giustamente – si chiede di quale progetto e di quale alleanza si stia parlando. 

E’ una fase complicata e io desidero solo dare un contributo a che si creino, possibilmente, le condizioni per segnare una positiva svolta nel governo della Lombardia. 

Lo faccio qui con una riflessione che divido in due parti.

1 – Per cercare di battere la destra io considero prioritario ricercare un accordo col Terzo Polo e con Letizia Moratti, che come si sa ha avanzato la sua candidatura in opposizione a quella di Attilio Fontana (ricordo che la legge elettorale è molto semplice: vince il candidato presidente che ha un voto in più dei suoi avversari; da qui la necessità di costruire delle alleanze a supporto dei candidati; la destra un’alleanza ce l’ha, cementata dal potere nonostante le evidenti divisioni tra le forze politiche che la compongono; noi ancora no). E’ immaginabile che questa alleanza si cementi intorno alla candidatura di Letizia Moratti cioè che il Pd la faccia sua? Secondo me, no. Letizia Moratti è una persona stimabile e non ho dubbi che la presa di distanze dalla maggioranza di cui è stata parte fino a 10 giorni fa sia sincera, motivata da una distanza valoriale e dal desiderio di determinare un cambiamento nella gestione politica della Regione. Ma appunto, fino a 10 giorni fa era la vice di Fontana, in attesa di capire se il centrodestra fosse pronto ad onorare la promessa di candidarla alla guida della Regione. Non può diventare, di colpo, il candidato della parte opposta.

Non può farlo senza un’investitura popolare – di qui la mia proposta, da lei cortesemente declinata, di transitare dalle primarie – e non può farlo per imposizione di una parte, il Terzo Polo, che ha legittimamente scelto di eleggerla a propria candidata ma che non ha titolo né consistenza elettorale per imporla a tutta la (possibile) coalizione.  Così si finisce solo per dividere il campo e agevolare l’affermazione di Fontana, già favorito di suo. 
L’impressione, del resto, è che al Terzo Polo non interessi vincere. L’impressione è che l’obiettivo sia quello di consolidare il risultato delle Politiche, e per questo va benissimo giocare in proprio, senza nemmeno un alibi confrontabile con l’auspicato “ritorno di Draghi” utilizzato per giustificare la corsa solitaria alle Politiche. Ognun per sé, e pazienza se alla Lombardia tocca tenersi per altri cinque anni Fontana & co. 

Chi invece ha sicuramente interesse a vincere, e sta probabilmente realizzando che con il sostegno della sua sola Civica e del Terzo Polo non vincerà – anzi difficilmente andrà oltre il 20% – è Letizia Moratti, che dubito si sia messa in questo agone per il solo gusto di partecipare. Di qui l’insistenza a farsi “adottare” dal Pd, con tanto di interviste, dichiarazioni ed editoriali di persone che evidentemente non hanno il polso né della comunità politica del Pd né dei suoi elettori. Da parte mia non c’è alcun pregiudizio, anzi. Ma so che se il Pd convergesse sulla Moratti si spaccherebbe come una mela, e perderebbe per strada metà dei suoi elettori (cosa che peraltro rischia di accadere anche ad Azione e ad Italia Viva, se non l’hanno ancora capito).
Letizia Moratti non è un candidato vincente, sostengo, ma può essere un alleato importante, perché può sottrarre voti preziosi al centrodestra. Per questo, ancora una volta, mi rivolgo a lei, facendo leva sulle reali motivazioni di cambiamento che anche personalmente mi ha manifestato; se lo vuole rendere possibile, deve fare un gesto di grande generosità: un passo indietro per consentire alla coalizione di rinsaldarsi e di fare, insieme, un grande passo avanti. Ho detto che questo passo può prendere la forma di un ticket “a rovescio” rispetto a quello proposto da Carlo Calenda: con un candidato vicino al Partito Democratico, scelto di comune accordo col Terzo Polo, e Moratti candidata vicepresidente. La forma può essere questa o un’altra, ma spero che il concetto sia chiaro. L’alternativa per Moratti è quella di arrivare terza (neppure eletta in Consiglio regionale).

2 – Se questa ri-saldatura col Terzo Polo non dovesse andare in porto, ed io onestamente non la ritengo molto probabile, il Pd deve comunque decidere cosa fare per ottenere il miglior risultato possibile alle Regionali, e cercare in ogni caso di contendere la vittoria al centrodestra.  Qui torniamo a Pier&Pier, ossia a Maran e Majorino – gemelli del gol, entrambi assessori con Pisapia e poi con Sala – e alla giusta domanda di Majorino: di quale progetto (e quindi di quale alleanza) stiamo parlando? Detto che sono entrambe persone di valore, verso le quali ho simpatia e stima, domando: Maran e Majorino sono “politicamente equivalenti”? No, non lo sono. Incarnano il medesimo progetto? Non esattamente, seppure abbiano radici e valori comuni. A mio avviso Pierfrancesco Maran – semplificando – è espressione di un Pd riformista e pragmatico, attento ai temi del lavoro, dell’innovazione, della sostenibilità e al mondo dell’impresa; Majorino ha dalla sua un profilo più sociale, legato ai diritti civili, ai temi dell’equità e dell’inclusione. Maran può togliere consensi al Terzo Polo – qualora si andasse divisi; Majorino, più coperto a sinistra, potrebbe riaprire il dialogo coi 5Stelle. Sono due strade, entrambe degne, ma non sono la stessa strada, non sono lo stesso progetto.

Io mi sento più vicino a Maran, e lo considero un’opzione più efficace, ma dico subito che non farò mancare il mio aiuto a Majorino qualora fosse lui il prescelto. Il punto non è però cosa penso io, ma un altro: chi decide quale strada imboccare? Quello che mi pare evidente – venendo all’altra domanda posta da Majorino: di quale alleanza stiamo parlando? – è che i due progetti si portano dietro differenti perimetri di alleanza e di possibile coalizione. Maran punta esplicitamente ad un dialogo col Terzo Polo, oltre che con +Europa, Civici, Verdi e Sinistra; Majorino guarda a sinistra e scommette sulla possibilità di ricucire coi 5Stelle. Perimetri in parte diversi, coalizioni differenti. E allora – arrivo al punto – il Pd non può rimettere la scelta del candidato, del progetto e della coalizione ad un tavolo di coalizione che non si sa quale progetto rappresenti. Il Pd deve decidere quale progetto vuole perseguire e intorno a quello aggregare i possibili alleati. Come lo decide? Io dico con le primarie, come tante volte abbiamo fatto in passato. Il tempo è stretto, il Natale incombe, ma rimettere la scelta agli elettori è per me certamente preferibile a che la decisione sia presa dai rappresentanti delle correnti in qualche ristretto consesso, o in un’assemblea che rischierebbe di produrre insanabili lacerazioni. 

Le primarie sarebbero invece l’occasione per rimettere in circolo un po’ di sana energia politica, idee e passione, di cui abbiamo certamente bisogno.

Giorgio Gori

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