• 15 May 2024
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Nell’era della crisi climatica, pesanti impatti anche sul turismo invernale e la stagione sciistica. È un momento critico per le montagne, il 2022 è stato l’anno più caldo e secco in oltre due secoli in Italia, il secondo più caldo in Europa. E nulla sta cambiando in questo inizio anno tanto che è difficile separare la crisi del turismo invernale da quella della siccità. Infatti su Alpi e Appennini, a causa dei mutamenti climatici, la neve è sempre più rara e gli impatti negativi gravano anche sul turismo invernale e la stagione sciistica.

Per compensare la mancanza di neve naturale, l’Italia punta sull’innevamento artificiale. Ma non può essere la soluzione. L’innevamento artificiale non è una pratica sostenibile, fa male all’ambiente ed è uno sperpero di soldi pubblici. A parlar chiaro sono i dati del nuovo dossier di Legambiente “Nevediversa 2023. Il turismo invernale nell’era della crisi climatica”. I dati L’Italia, stando alle ultime stime disponibili, è tra i paesi alpini più dipendenti dalla neve artificiale con il 90% di piste innevate artificialmente, seguita da Austria (70%), Svizzera (50%), Francia (39%). La percentuale più bassa è in Germania, con il 25%. Preoccupante il numero di bacini idrici artificiali presenti in montagna ubicati in prossimità dei comprensori sciistici italiani e utilizzati principalmente per l’innevamento artificiale: sono ben 142 quelli mappati nella Penisola per la prima volta da Legambiente attraverso l’utilizzo di immagini satellitari per una superficie totale pari a circa 1.037.377 mq. Il Trentino Alto Adige detiene il primato con 59 invasi, seguito da Lombardia con 17 invasi e dal Piemonte con 16 bacini.

Nel Centro Italia, l’Abruzzo è quello che ne conta di più, ben 4. In parallelo, nella Penisola nel 2023 aumentano sia gli “impianti dismessi” toccando quota 249, sia quelli “temporaneamente chiusi” – sono 138 – sia quelli sottoposti a “accanimento terapeutico”, ossia quelli che sopravvivono con forti iniezioni di denaro pubblico, e che nel 2023 arrivano a quota 181. Tutti impianti censiti da Legambiente che quest’anno allarga il suo monitoraggio includendo anche altre categorie: quelle degli “impianti un po’ aperti, un po’ chiusi”, ossia quei casi che con le loro aperture “a rubinetto” rendono bene l’idea della situazione di incertezza che vive il settore. In totale sono 84. La categoria degli “edifici fatiscenti”, 78 quelli censiti. Ed infine la categoria “smantellamento e riuso”, 16 i casi censiti.

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