Come CISL abbiamo accolto con favore la notizia della volontà annunciata dal Governo di tornare ad
investire risorse nella sanità pubblica. Ma perché il risultato sia efficace e vada davvero a migliorare
la qualità del servizio non si può prescindere da una politica del personale mirata al rafforzamento
degli organici – attraverso stabilizzazioni e nuove assunzioni – al superamento del precariato, alla
formazione e alla valorizzazione del personale già in servizio e, non certo ultimo, al rinnovo dei
contratti collettivi nazionali.

In relazione al recente Decreto Bollette dobbiamo innanzitutto rilevare che, quanto alle misure sulla
sanità, esso non prevede alcun impegno economico, lasciando letteralmente intatto e senza
soluzioni il campo delle prospettive future inerenti il Servizio sanitario nazionale e le professionalità
che in esso operano. Ed è evidente a tutti che la qualità dei servizi è direttamente proporzionale alla
qualità del lavoro. In questo senso le lavoratrici e i lavoratori rappresentano la colonna portante della
riorganizzazione del sistema socio-sanitario. Investire su di loro significa investire sul benessere del
Paese, si in termini di salute e coesione sociale che in termini di sviluppo e ripresa economica.
È di tutta evidenza come la crisi del SSN provenga da vent’anni di scelte e programmazioni erronee.
Non ce lo possiamo più permettere, pena la letterale desertificazione sanitaria a livello nazionale. La
questione di un servizio sanitario pubblico e universale deve tornare a campeggiare in testa
all’agenda dell’esecutivo, perché la salute è un diritto fondamentale di cittadinanza, non una
concessione. Per la Cisl la salute va intesa come investimento non come costo.

Per intenderci: continueremo a chiedere l’abolizione dei tetti di spesa per il personale, risalenti ormai
a vent’anni fa, unitamente a risorse per il personale perché sia garantita un’esistenza fuori dal tempo
dedicato al lavoro.
Nel decreto la sola novità positiva riguarda i Pronto Soccorso, con l’anticipo di un finanziamento già
previsto in bilancio. Il rischio vero è di fare mera cosmesi, negando nei fatti risposte a realtà che
soffrono di criticità altrettanto gravi: professionisti della prevenzione primaria, anestesisti e
chirurghi, solo per citarne alcune.
Sul fronte del CCNL 2019-2021, nessuna risorsa extracontrattuale è stata prevista, con incrementi
pari a solo un terzo del tasso inflattivo, è stata negata la fiscalità di vantaggio sul salario accessorio e
di risultato, concessa a privati e altri settori del pubblico impiego, neppure per attività di valore
sociale come l’abbattimento delle liste di attesa.

Un plauso al provvedimento atto a contrastare la violenza contro il personale sanitario, ma
campeggia il dubbio sulle misure legate ai gettonisti, che di fatto ne legittimano l’uso.
La sanità pubblica necessita di investimenti congrui hic et nunc, con provvedimenti strutturali e non
aleatori per il personale, incluso l’utilizzo della leva retributiva. Tutto ciò senza eccezioni di sorta,
poiché tutti hanno concorso a garantire i LEA (livelli essenziali di assistenza), spesso a scapito della
qualità della propria esistenza, del sacrosanto diritto alle ferie e subendo l’abuso dell’orario di lavoro
previsto contrattualmente.
La Cisl è per un confronto serrato e produttivo, ma il tempo sta per scadere.

Mirco Scaccabarozzi – Segretario generale Cisl Monza Brianza Lecco

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