Ho presentato alla Camera dei Deputati una mozione, firmata dalla capogruppo Chiara Braga, da Debora Serracchiani e da tutti i colleghi della commissione Lavoro, per impegnare il Governo ad adottare, sin dal primo provvedimento utile, le opportune iniziative volte a ripristinare l’istituto di Opzione Donna nei termini previgenti la legge di bilancio 2023.
L’inaccettabile ridimensionamento di Opzione Donna, una misura introdotta nel 2004 e prorogata da tutti i governi che si sono succeduti, è stata al centro delle nostre sollecitazioni in Parlamento e delle proposte più volte presentate e respinte dal Governo, per tornare ai requisiti precedenti.
Con le modifiche entrate in vigore da quest’anno, infatti, la platea delle lavoratrici che teoricamente potranno accedere ad Opzione Donna, scendono drasticamente dalle 17.000 ipotizzate sino al 31 dicembre scorso a neanche 3.000 donne.
Si tratta della conseguenza di scelte incomprensibili, dai dubbi profili di costituzionalità,
per quanto concerne la previsione che modula la soglia anagrafica per l’accesso ad opzione donna in ragione della presenza o meno di figli. E dalla previsione di restrittivi requisiti ovvero l’assistere, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap grave, avere una riduzione della capacità lavorativa superiore o uguale al 74 per cento, essere stata licenziata o essere dipendente da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale.
A distanza di oltre 4 mesi dall’introduzione del nuovo regime e dopo i numerosi annunci di esponenti di Governo di rivedere le norme per ripristinare l’originaria disciplina di Opzione Donna, nei tanti provvedimenti di urgenza varati dal Governo Meloni ancora non è stata data una risposta per un intervento di giustizia sociale rivolto alle donne lavoratrici.

Andrea Orlando

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