Lui è Ovidio Marras.
Gli dicevano guarda Ovidio che la tua terra te la paghiamo a peso d’oro. Costruiremo a Tuerredda hotel a 5 stelle con lussuose suite per gente ricca, ne faremo una nuova PortoCervo, dicci tu la cifra e noi te la diamo.
Ma Ovidio, pastore sardo, quasi 90 anni di vita e di orgoglio, ha risposto che lui a Porto Cervo non è mai andato, e per la verità nemmeno sa dov’è. Ha aggiunto: guardate che io non vendo, questa è la terra di mio padre e del padre di mio padre e me la tengo e voi qui intorno non avete diritto di costruire.
Ovidio ha fatto causa, da solo, contro megagruppi immobiliari rappresentati da stuoli di avvocati. Lo prendevano in giro come un vecchio scemo tignoso fuori dal tempo che si era messo contro poteri troppo forti, contro chi voleva gettare su uno degli angoli più belli e incontaminati della Sardegna una colata di cemento di 910 mila metri quadri, più o meno come un palazzo di dieci piani. Invece Ovidio ha vinto.
Ha vinto, da solo, e definitivamente. Ha vinto in Cassazione.
Non potranno costruire, e quanto di già costruito andrà buttato giù.
La sua terra è salva, è la terra da dove il padre ogni giorno partiva con le bestie per il pascolo, al sole, sotto l’orgoglioso e puro vento, ea sera tornava, per un pezzo di formaggio e un tozzo di pane.
Direi che con Ovidio ha vinto una certa preziosa idea di dignità, addirittura – pensate – più prezioso del denaro.